JOHN SCOFIELD AL TEATRO DELL’ARTE PER JAZZMI 2016
L’atmosfera della Triennale è magica. Lo scalone che discende verso il teatro è gremito di una folta platea. Il palco è soffusamente illuminato da una tiepida luce blu e gli strumenti sono già ordinatamente disposti. L’artista fa il suo ingresso sul palco.
L’ultimo lavoro discografico di Scofield si intitola “Country for an old man”, è lui quel signore anziano e ha voluto rivisitare le canzoni country che hanno accompagnato il suo passato, in chiave jazz.
John Scofield sembra essere in gran forma, è particolarmente ispirato, così i suoi musicisti: il pubblico se ne accorge mostrando il proprio consenso con le mani. Il concerto prosegue e come previsto vengono eseguiti diversi standard jazz, ma vengono suonati anche classici della musica country (come detto precedentemente in chiave jazz) appartenenti a mostri sacri come Dolly Parton, ma anche canzoni più ricercate e riflessive come “You are still the one” e “I’m so lonesome I could cry” di Hank Williams. La magia che si crea mentre le dita scorrono sulle tastiere in palissandro e il legno delle bacchette colpisce le pelli della batteria è indescrivibile. Il jazz fonde allo stesso tempo apollineo e dionisiaco, possiede l’intrinseca capacità di incupire e subito dopo una rullata o un passaggio diverso di accordi riportare su e far gioire.
E’ come essere su delle montagne russe che alternano il loro andamento, è la magia dell’ordinato e allo stesso tempo improvvisato scorrere delle note.
Questa è la caratteristica peculiare del jazz e dei musicisti che lo suonano, l’improvvisazione! Scofield e compagni sono ormai musicisti di comprovata esperienza: basti pensare che Steve Swallow, il bassista che lo accompagna in questo tour, ha ben settantasei anni; e improvvisare per loro ormai è come affrontare un discorso. Questo è esattamente quello che usava dirmi il mio maestro di chitarra, ovvero che la musica non è altro che un discorso, è come se dovessimo comunicare un messaggio ma invece di far passare l’aria attraverso la gola, facciamo passare l’anima attraverso le dita.
Scofield prende la parola, è il 9 novembre ed è una data famosa non solo per essere la sesta del JazzMi, lo stesso giorno infatti dall’altro lato dell’atlantico è stato eletto presidente Mr. Donald Trump e Scofield, da buon americano, deve dire la sua. Ci tiene infatti a ringraziare la platea per avere reso questa sua giornata meno difficile e, dopo aver annunciato che il suo tour continuerà in Francia dedica al neoeletto presidente una canzone dal titolo semplice, consta di due parole: Mr Fool.
Negli ultimi trent’anni Scofield ha saputo dare un impulso nuovo alla musica jazz, grazie al suo stile caratterizzato dalla cospicua presenza delle cosiddette “note fuori” e del bending. Avendo una forte influenza blues che inserisce con efficacia anche in contesti prettamente jazzistici, riesce a dare un dinamismo diverso alla sua musica. È stato un onore per la Triennale di Milano poter ospitare un talento come lui, ma il chitarrista statunitense ha sicuramente lasciato un pezzo di cuore sul palco del teatro dell’arte e se JazzMi, come si spera, dovesse riproporsi il prossimo anno, John Scofield non mancherà di rispondere all’appello.
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